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    Alla scoperta....di Pantelleria

    venerdì, 20 settembre 2024 Francesca Negri, venerdì, 20 settembre 2024 (0 minuti di lettura)

    Bent el Riah, figlia del vento. Così gli arabi chiamarono l’isola di Pantelleria, famosa per i vini i capperi e i dammusi. Ma coltivare la vite in condizioni climatiche simili, tra vento e siccità, non è facile: nasce da questi ostacoli l’antica forma di allevamento ad alberello, ideale in condizioni di limitata disponibilità idrica o nutrizionale o di clima sfavorevole. Una tecnica tipica dei Paesi mediterranei che Pantelleria, più di ogni altra zona, ha fatto sua, tanto che l’UNESCO ha riconosciuto a questa sua tipica pratica agricola il riconoscimento di Patrimonio immateriale dell’umanità il 26 novembre 2014. Poi, c’è la siccità. L’irrilevanza delle precipitazioni piovose ha necessariamente fatto ingegnare il contadino pantesco in modo da poter sfruttare ogni singola goccia d’acqua che cada sull’isola: sono nati così i dammusi, le abitazioni che caratterizzano il paesaggio dell’isola, che con i loro tetti tondeggianti e lisci raccolgono l’acqua e l’umidità notturna per riempire le cisterne alle quali sono direttamente collegati; stessa funzione anche quella dei muretti a secco che delimitano l’intera isola e hanno una duplice valenza: proteggono le piante dal vento e favoriscono la preservazione dell’umidità del terreno. E sono proprio questi muretti che all’inizio del 2018 sono valsi l’inserimento nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici del “Paesaggio della Pietra a secco dell’isola di Pantelleria”. Un luogo magico, dove la varietà principe dei vigneti è lo Zibibbo, l’uva originaria dell'Egitto, introdotta a Pantelleria dai Fenici, che sa raccontare alla perfezione quest’isola dai mille volti.

    IL VINO DEL VENTO E DELL’AMORE

    La leggenda vuole che Tanit, dea della fertilità, dell’amore e del piacere, per conquistare Apollo avesse sostituito l’ambrosia, bevanda abituale dell’Olimpo, con il mosto delle vigne di Pantelleria. Inebriato dal nettare antenato dell’oggi famosissimo vino dolce siciliano, il dio del Sole e di tutte le arti capitolò concedendosi alla bella dea protettrice di Cartagine. Caldo e seducente, il Passito di Pantelleria è uno dei vini dolci più famosi del mondo e se le sue proprietà afrodisiache non sono state ancora provate scientificamente, quel che è certo è che la sua qualità è garantita da una tradizione plurisecolare premiata dall’Esposizione di Parigi del 1900, e nel 1936 fu inserito tra i vini tipici italiani per il suo “aroma delicato e fine e per il suo sapore vellutato, dolce, carezzevole, generoso”.

    Il vitigno con cui viene prodotto, è lo Zibibbo, conosciuto anche con il nome di Moscato di Alessandria, Moscato di Pantelleria, Salamanna o Moscatellone. Il termine “Zibibbo” ha un’interessante origine: deriva dalla parola araba “zabib”, che significa uva passa, a indicare la caratteristica essenziale per la produzione del Passito di Pantelleria, ossia il fatto che quest’uva si presti bene all’appassimento. Ma questo vino, che dal 1971 fa parte della Doc Pantelleria, è molto di più di un semplice prodotto enologico: in sé racchiude la storia, le tradizioni, i paesaggi e i colori della sua terra, in un caleidoscopio di sfumature di rara intensità, in cui vento e siccità sono due ingredienti fondamentali.

    DAI FENICI AGLI ARABI, IL VINO SI FA PAESAGGIO

    Paesaggi incontaminati, bellezze architettoniche, grandi vini e l’eccellenza dei suoi prodotti tipici fanno di Pantelleria il Giardino del Mediterraneo. Nel corso dei millenni l’isola è stata dominata dai fenici, dai saraceni, dagli arabi, dai bizantini e ognuno di questi popoli ha lasciato tracce indelebili nella civiltà pantesca che oggi, per l’unicità delle sue caratteristiche paesaggistiche e culturali, resta una testimonianza intatta di tradizioni secolari. La coltivazione della vite e del cappero oltre a essere elementi fondamentali per la vita dell’isola, sono il simbolo di Pantelleria, dove le generazioni hanno modellato l'orografia del territorio attraverso un'esperienza plurisecolare. Come già detto, l'uva Zibibbo (chiamata anche Moscato d’Alessandria), originaria dell'Egitto, è stata introdotta dai Fenici a Pantelleria, dove tuttora ne viene coltivata la quasi totalità della produzione nazionale. I terrazzamenti dell'isola in cui viene coltivata hanno invece origini arabe e tracciano una viticoltura che può contare solo sulle braccia dell'uomo. Sui terrazzamenti, spesso con pendenze estreme, la vite viene infatti allevata al di sotto del livello del suolo, in una larga conca per riparare la pianta e i frutti dai venti di scirocco e di greco levante che spirano assai frequentemente e con violenza sull’isola. Proprio per questo a Pantelleria si parla di viticoltura eroica: le lavorazioni, infatti, durante tutto l’anno richiedono un monte ore di lavoro, per unità impiegata, che supera di almeno tre volte quelle necessarie alla coltivazione di un normale vigneto sulla terra ferma.

    DOC PANTELLERIA: NON SOLO PASSITO

    Il 27 settembre del 2000 è stato emanato il nuovo disciplinare produttivo della Doc Pantelleria che adegua gli articoli del vecchio strumento regolamentare approvato nel 1971. Nel nuovo disciplinare produttivo, tutelato dal Consorzio, si fa chiarezze sulle tipologie produttive e sui metodi di produzione dei vini a denominazione di origine ottenibili con l’inimitabile varietà dello Zibibbo. La denominazione di origine controllata Doc Pantelleria è riservata alle seguenti tipologie: Moscato di Pantelleria; Passito di Pantelleria; Pantelleria-Moscato spumante; Pantelleria-Moscato dorato; Pantelleria-Moscato liquoroso; Pantelleria-Passito liquoroso; Pantelleria-Zibibbo dolce e Pantelleria- Bianco, anche Frizzante.

    Per ciascuna tipologia, il nuovo Disciplinare regola rigidamente le produzioni massime di uva per ettaro, le percentuali di resa massima dell’uva fresca in vino e dei litri di vino per ettaro. Per quanto riguarda la vinificazione e l’imbottigliamento devono avvenire esclusivamente nel territorio di Pantelleria per le tipologie Moscato e Passito nell’ottica di salvaguardare la qualità e la reputazione, garantire l’origine e assicurare l’efficacia dei controlli; mentre per le tipologie Pantelleria Moscato liquoroso, Moscato spumante, Moscato dorato, Passito liquoroso, Zibibbo dolce e Bianco, anche Frizzante, l’imbottigliamento deve avvenire all’interno del territorio amministrativo della Regione Siciliana.

    IL CONSORZIO DI TUTELA

    Pantelleria e la sua viticoltura di tradizione, insieme alle altre coltivazioni tipiche dell’isola, hanno reso il Paesaggio un giacimento unico e identitario. Con l’inserimento nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici del “Paesaggio della Pietra a secco dell’isola di Pantelleria” si compie un altro importante passo avanti nel processo di valorizzazione e promozione dell’agricoltura dell’isola che aveva già avuto lo straordinario riconoscimento UNESCO per la Pratica Agricola della Coltivazione della Vite ad Alberello. È orgoglioso del risultato ottenuto il Consorzio Volontario di Tutela dei vini Doc dell’isola di Pantelleria nato nel 1997 su iniziativa dell’aziende più rappresentative dell’isola. Ad accomunare queste realtà produttive è la comune visione sul potenziale economico e di immagine che possono avere i vini a denominazione d’origine prodotti con l’uva Zibibbo. Tutela e valorizzazione sono gli assi portanti dell’operato del Consorzio, che fin dagli albori si è intestato la campagna per la salvaguardia colturale e culturale di una delle più nobili e antiche espressioni dell’agricoltura mediterranea che permette la sopravvivenza del micro eno-sistema che caratterizza il paesaggio rurale di Pantelleria. I soci, infatti, indirizzano le loro azioni al recupero e al mantenimento dei terrazzamenti e dei muretti a secco dove nel tempo hanno avuto dimora i vigneti di Pantelleria. Tra le altre iniziative di particolare importanza realizzate nei primi anni di lavoro c’è anche un’approfondita analisi mirata alla valorizzazione e differenziazione del patrimonio aromatico delle uve di Zibibbo coltivate nelle varie contrade dell’isola, affidata al luminare di enologia Attilio Scienza e al suo team di ricercatori, da cui poi è scaturito anche il nuovo disciplinare del 2000, ancora oggi in vigore.

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