Castellari, l'amore per l'Isola del Giglio e il suo terroir
Un’isola fatta di vento, macchia mediterranea e granito: l’Isola del Giglio è il luogo che ha rapito il cuore di Simone Ghelli, perito agrario fiorentino, che in queste terre dell’Arcipelago Toscano non solo ha trovato la sua compagna di vita ma ha anche coronato il suo sogno di rilanciare l’antica tradizione vitivinicola dell’isola, le cui prime tracce risalgono all’epoca greco – etrusca. Vitigno principe è l’Ansonica, la cui coltivazione ebbe un notevole impulso nel Seicento grazie alla famiglia Medici, grande estimatrice di questo vino, che regalò ai contadini appezzamenti di terra affinché questo patrimonio prezioso non andasse perduto.
Un’eredità raccolta oggi da Ghelli e dalla sua azienda Castellari Isola del Giglio, fondata nel 2012, quando dopo una ricerca durata dieci anni, riesce a comprare i primi 3mila mq di terreno, abbondati da tempo, e a riconvertirli in vigneto. La prima vinificazione, con uve Ansonica acquistate sull’isola, è del 2013 a cui segue nel 2014 l’acquisto di altri 3mila mq di terreno, fino ad arrivare agli 1,2 ettari che oggi rappresentano il cuore pulsante dell’azienda. Qui la viticoltura è eroica: le vigne crescono su pendii ripidissimi, tutte le operazioni e anche la vendemmia vanno eseguite a mano, in condizioni di non poca fatica.
La filosofia di Castellari
Il progetto di Castellari Isola del Giglio pone al centro di tutto la vite: «Una pianta che mi ha regalato quanto ho di più prezioso e che ho deciso di coltivare in un luogo difficile ed eroico, da cui tutti sembravano scappare, basti pensare che negli anni Cinquanta la produzione vinicola era molto florida, mentre al mio arrivo – complice la filossera che ha gravemente danneggiato i vigneti – gli ettari vitati erano solamente una quindicina. Fortunatamente negli ultimi anni qualcosa è cambiato e la viticoltura sta rinascendo grazie a un prezioso lavoro di recupero» racconta Ghelli.
La filosofia della cantina si basa così sul rispetto assoluto della vite: in vigna si seguono pratiche biodinamiche e non si utilizzano prodotti chimici o diserbanti ma solamente zolfo e più raramente rame. Gli appezzamenti di terreno vengono lavorati rigorosamente a mano e con le forche a vanga, senza alcun ausilio di mezzi meccanici. Un importante lavoro di recupero delle vecchie vigne (due su tre vigneti coltivati hanno tra i 40 e i 60 anni) che ha richiesto massima dedizione e impegno per valorizzare al meglio le caratteristiche di questo terroir unico e produrre un vino autentico e identitario, in grado di rispecchiare il carattere forte dell’isola e dei suoi abitanti.
I vigneti
Impiantate nel terreno granitico, le viti a piede americano di Castellari Isola del Giglio sono coltivate e potate ad alberello, sistema tipico dell’antica tradizione mediterranea, nei tre vigneti di proprietà dell’azienda. Pur essendo situati tutti e tre sul versante di ponente dell’isola, lungo la costa che guarda la Corsica, i vigneti sono soggetti a condizioni microclimatiche differenti, che incidono fortemente sulle caratteristiche delle uve.
Il primo, Castellari, da cui deriva il nome dell’azienda, posto a 50 metri sul livello del mare, nella parte più meridionale dell’isola, risente di un clima poco ventilato e temperature molto elevate; temperature molto calde anche per il vigneto Saetta, situato a 180 metri s.l.m, che affacciandosi direttamente sulle acque dell’arcipelago è accarezzato dal vento e dà vita a uve dal profilo organolettico intenso. Si trova a 180 metri s.l.m. anche Vernaccio, vigneto soggetto a un’importante escursione termica ma riparato dai venti di scirocco: una combinazione di fattori climatici che fanno sì che le uve prodotte da queste piante si contraddistinguano per loro note raffinate e molto profumate.
Dal blend di queste uve dalle caratteristiche uniche nasce un’Ansonica deciso, elegante e moderno pur rievocando la tradizione e i sapori del vino prodotto un tempo sull’isola.
I numeri e gli investimenti
Anima dell’azienda sono i coniugi Ghelli: Simone, che si occupa della coltivazione della terra e di tutte le operazioni di vinificazione che avvengono in cantina, e Desy, impegnata nella gestione delle vendite oltre che nell’accoglienza e nella comunicazione. Le attività di degustazione sono invece affidate all’unica dipendente dell’azienda.
Partita con una produzione limitata a sole 250 bottiglie, Castellari Isola del Giglio nel corso degli anni ha raggiunto una crescita esponenziale fino ad arrivare a 2-3.000 bottiglie l’anno e un fatturato di 50.000 euro circa.
Tra i progetti in progress, a cui Ghelli sta lavorando, c’è la volontà di trasformare le vigne di Castellari Isola del Giglio in un luogo d’arte, installando nei vigneti delle porte antiche, le cui “formelle” quadrate saranno dipinte da diversi artisti ma anche dai visitatori.
Da maggio a settembre è possibile degustare al tramonto un calice di Ansonica nella splendida terrazza, affacciata sulla baia di Campese, del vigneto Saetta, raggiungibile tramite un breve cammino lungo la mulattiera.
Calzo della Vignia: un rosso travestito da bianco
Calzo della vignia
Numero medio di bottiglie annue prodotte: 2/3.000
Ultima annata prodotta: 2020
Primo anno produzione: 2013
Uvaggio: 100% Ansonica
Geologia del terreno: granito
Resa per ettaro: 20/30 quintali/ettaro
Vendemmia: entro la fine di agosto
Prezzo al pubblico: 40 euro
“Un rosso travestito da bianco”, è così che Ghelli definisce il suo Calzo della vignia (dal modo con cui sull’isola viene chiamata la vite, ovvero calzo), un 100% Ansonica che nasce dalle uve raccolte e selezionate manualmente nei tre vigneti Castellari, Saetta e Vernaccio, sottoposte poi in cantina alla fermentazione spontanea e alla macerazione sulle bucce in acciaio per 4 mesi. In seguito, il vino viene fatto riposare 6/8 mesi in acciaio e in tonneau di legno, per poi affinare 24 mesi in bottiglia. Il risultato è un vino di grande carattere, di un colore arancione brillante che inganna la vista al primo sguardo ricordando un passito. Al naso colpisce per le sue note di macchia mediterranea con accenni di frutta secca e albicocca, mentre al palato è fresco e sapido, lungo ed elegante, con una spiccata componente tannica che lo rende perfetto per accompagnare piatti come bistecca alla fiorentina, pesce arrosto, caciucco alla livornese, acciughe e formaggi erborinati.