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    Alla scoperta...delle Langhe

    lunedì, 29 gennaio 2024 Francesca Negri, lunedì, 29 gennaio 2024 (0 minuti di lettura)

    Patrimonio Mondiale Unesco dal 2014, le Langhe rappresentano uno dei territori vitivinicoli più importanti d’Italia. A ridosso delle Alpi Marittime e dell’Appenino Ligure, le incantevoli colline del Piemonte custodiscono tesori di rara bellezza, tra paesaggi mozzafiato, piccoli borghi ricchi di storia e indiscusse eccellenze enologiche.

    Queste “lingue di terra” (dall’etimologia del nome di origine celtica), che si sviluppano su un’area di 200 chilometri circa, si contraddistinguono per la presenza di colline dai fianchi ripidi che formano vallate profonde e strette distribuite a quote altimetriche differenti, un clima temperato freddo subcontinentale con caratteristiche uniche (l’effetto protettivo delle Alpi e le correnti miti e umide del Mar Ligure) e un sottosuolo di origine sedimentaria e marina prevalentemente composto da marne argillo-calcaree. Un territorio con un mix di condizioni ambientali singolari che consentono all’uva di declinarsi in diverse espressioni e dare vita a vini pregiati come il Barolo, il Barbaresco, il Nebbiolo e non solo.

    I vitigni delle Langhe

    Tutti i vini delle Langhe hanno un’identità ben precisa, riconducibile al terroir d’origine: gli antichi vitigni autoctoni come Arneis, Barbera, Dolcetto, Favorita, Freisa, Nebbiolo e Pelaverga sono varietà presenti da sempre nel Piemonte meridionale e attorno ai quali da secoli hanno ruotato l’agricoltura e l’economia locale.

    I vitigni tradizionali più diffusi sono, in particolare, il Nebbiolo, il Dolcetto, il Barbera, il Moscato e in quantità inferiori il Pelaverga, la Freisa, la Favorita e la Nascetta, mentre quelli internazionali più rappresentati sono lo Chardonnay, il Sauvignon, il Cabernet Sauvignon, il Merlot e poco altro.

    Le denominazioni

    Barbaresco Docg

    Panorama delle vigne della cantina Cascina Carlot

    Panorama delle vigne della cantina Cascina Carlot

    La storia del Barbaresco (dall’antico toponimo Barbaritium) si intreccia a varie leggende di origine incerta che risalgono ai tempi dei romani e delle popolazioni barbariche, mentre è certo invece che nel 1894, Domizio Cavazza, primo preside della Regia Scuola Enologica di Alba, codificò il metodo moderno per la vinificazione del Nebbiolo in Barbaresco lanciandolo così sul mercato accanto al già famoso Barolo.

    Nel 1966, insieme a Barolo, Brunello di Montalcino e Chianti, il Barbaresco diviene una delle prime DOC del nostro Paese e nel 1980 una delle prime DOCG.

    Prodotto nei territori dei comuni di Barbaresco, Treiso e Neive e nella frazione di San Rocco Seno d’Elvio di Alba, il Barbaresco è ottenuto da uve Nebbiolo in purezza di tre cloni principali (Michel, Lampia e Rosè) e si presenta con un colore intenso e brillante che sfuma dal rosso rubino al granato. Al naso regala un bouquet di profumi fruttati ma eterei che richiamano il lampone e la confettura di frutti rossi, il geranio e la viola, ma anche il pepe verde, la cannella e la noce moscata, il fieno e il legno, la nocciola tostata, la vaniglia e perfino l’anice.

    Per definirsi tale, un vino Barbaresco deve invecchiare almeno 24 mesi di cui almeno nove in botti di rovere, mentre è solo dopo quattro anni di affinamento che può definirsi “Riserva”.

    Barbera d'Alba Doc

    La presenza del vitigno Barbera nella zona di Alba risale alla seconda metà del Seicento, quando vennero introdotti alcuni tralci impiantati dall’astigiano. Il periodo di maggiore diffusione si ebbe invece verso il 1860-1870 come testimoniato da Lorenzo Fantini, nella sua Monografia sulla Viticoltura e Enologia nella Provincia di Cuneo. Il vitigno ebbe particolare successo in seguito al reimpianto dei vigneti su piede americano a causa della filossera, dimostrandosi resistente e produttivo.

    Prodotto con uve Barbera (da 85 a 100%) e Nebbioli (da 0 a 15%), la Barbera d’Asti è un vino ricco di colori tendenti al rubino purpureo, con un profumo ampio e composito e note fruttate che ricordano la mora, la ciliegia, la fragola e la confettura di frutti rossi, oltre a sentori speziati che richiamano la cannella, la vaniglia, il pepe verde.

    Il sapore, pieno e corposo, attenua la caratteristica acidità tipica del vitigno (smorzata anche dall’utilizzo di legni piccoli) che però rimane fondamentale per l’equilibrio di gusto di questo vino.

    Barolo Docg

    Vigneto Ginestra, Cantina Diego Conterno

    Vigneto Ginestra, Cantina Diego Conterno

    Sua maestà il Barolo è uno dei grandi vini rossi del nostro Paese. Ottenuto da uve Nebbiolo in purezza, nasce nel cuore delle colline delle Langhe, a pochi chilometri a sud di Alba, nel territorio di undici comuni costellati da imponenti castelli medioevali, fra cui quello di Barolo che ha dato il nome al vino celebre in tutto il mondo.

    La sua ascesa cominciò nel 1751, quando un gruppo di diplomatici piemontesi spedì a Londra una partita di “Barol”: il successo fu talmente grande che persino il futuro Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, in viaggio in Europa, lo citò nei suoi diari, descrivendolo “quasi amabile come il Bordeaux e vivace come lo Champagne”. Si trattava di un vino dolce e frizzante, poiché non si sapeva ancora come trasformare tutti gli zuccheri contenuti nel mosto in alcol.

    La nascita del Barolo moderno avvenne invece a metà dell’Ottocento grazie a due figure chiave, Giulia Colbert Falletti, ultima marchesa di Barolo, e Camillo Benso conte di Cavour. Entrambi affidarono il vino dei loro possedimenti all’enologo francese Louis Oudart che applicò le tecniche usate per i grandi vini francesi e nel 1844 imbottigliò per la prima volta il Barolo come vino secco e fermo. Divenuto popolare, il Barolo incuriosì e colpì persino re Carlo Alberto di Savoia, tanto da diventare il vino ufficiale dei banchetti della corte di Torino.

    Da allora definito “vino dei re, re dei vini”, il Barolo deve invecchiare almeno 38 mesi a partire dal primo novembre successivo alla raccolta delle uve, di cui almeno 18 mesi in botti di rovere, e solo dopo cinque anni può fregiarsi della menzione “Riserva”.

    Di colore rosso granato pieno e intenso, il Barolo sprigiona al naso un profumo fruttato e speziato che ricorda i piccoli frutti rossi, le ciliegie sotto spirito e la confettura, ma regala anche suggestioni di rosa e viola appassita, cannella e pepe, noce moscata, vaniglia e talvolta liquirizia, cacao, tabacco e cuoio. Al gusto si presenta armonico con tannini eleganti e complessi: un vino elegante e potente allo stesso tempo.

    Un vino che si identifica con l’intero territorio di un piccolo comune: parliamo del Diano d’Alba, rosso prodotto con uve 100% Dolcetto. Affinato dieci mesi (ne servono almeno 18 per la tipologia “Superiore”), è di colore rosso rubino intenso con giovanili riflessi violacei, un profumo fragrante e fruttato con note marcate di ciliegia marasca e a volte di mora o confettura. In bocca il sapore è secco, nervoso, asciutto, piacevolmente influenzato da un retrogusto varietale di mandorla amara che stimola il palato. Tra i tratti aromatici emerge il geraniolo, che lo rende piacevole da giovane.

    Dogliani Docg

    Vigna Sorì San Martin in autunno, Cantina Francesco Boschis

    Vigna Sorì San Martin in autunno, Cantina Francesco Boschis

    Tra il Dolcetto e la zona di Dogliani esiste un legame molto forte, di cui portavoce è stato il primo Presidente della Repubblica eletto Luigi Einaudi, che, con la sua azienda vinicola, ha saputo dare stimoli e input determinanti per la valorizzazione del vino prodotto nella sua regione natale.

    La presenza del vitigno Dolcetto nel territorio di Dogliani sembra essere stata accertata già nell’anno Mille, mentre risale al 1593 il primo documento conservato negli archivi del Comune in cui viene nominato il Dolcetto. Il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata è avvenuto nel 1974, mentre la DOCG è stata ufficializzata nel 2005.

    Prodotto in undici comuni nella parte bassa delle Langhe, Dogliani è un vino dal colore rosso rubino intenso con riflessi violacei, un profumo persistente di fiori e frutti freschi come mora e ciliegia selvatica, mentre in bocca si rivela secco e armonico, con un piacevole retrogusto finemente ammandorlato e fragrante, il tutto accompagnato da un’acidità moderata che regala un tocco di singolare vivacità.

    Dolcetto d'Alba Doc

    Vitigno tra i più diffusi del Piemonte, il Dolcetto è presente nelle terre meridionali di questa regione già dal Medioevo, epoca a cui risalgono le prime tracce di questo vino presumibilmente utilizzato negli scambi commerciali con la Liguria. Vinificato in purezza, il Dolcetto d’Alba è un vino giovane, di colore rubino e violetto che al naso si rivela fresco e decisamente fruttato, mentre il sapore è totalmente secco, pieno e armonico, completato da un piacevole retrogusto di mandorla amara.

    Langhe Doc

    Quello delle Langhe è l’unico disciplinare ad avere una base ampelografica che include tutti i vitigni tradizionalmente coltivati nella zona. Nata nel 1994 con l’intento di unire il territorio, la DOC Langhe comprende la produzione che si estende dalle colline della provincia di Cuneo a numerosi territori del Roero, per un totale di 96 comuni. Riassumendo a pieno la vocazione vitivinicola del territorio che rappresenta, estremamente vario e dinamico, la DOC riunisce diversi vitigni e molte tipologie di vini. Una segnalazione particolare meritano due vini che non portano la menzione di vitigno, il Langhe bianco e il Langhe rosso, che possono essere prodotti con la vinificazione in purezza o in assemblaggio di tutti i vitigni coltivati nella zona di produzione.

    Nebbiolo d'Alba Doc

    Il Nebbiolo è una delle varietà di vite più diffusa nelle colline situate alla destra e alla sinistra del fiume Tanaro e la produzione del Nebbiolo d’Alba si estende sul territorio di 25 comuni situati lungo entrambe le sponde. Vino rosso in purezza di monovitigno, il Nebbiolo d’Alba è capace di resistere al tempo e si esprime al meglio dopo alcuni anni. Di colore rosso granato, unisce ai profumi fruttati di lampone, geranio e fragolina selvatica i sentori eterei e speziati di cannella e vaniglia. Al palato il sapore, totalmente secco, si avvale di una struttura notevole, dove alcol, acidità ed estratto creano sensazioni di armonia ed eleganza.

    Verduno Doc

    Panorama del borgo di Verduno

    Panorama del borgo di Verduno

    Questo vino nasce da pochi ettari di vigneto situati a ovest di Alba e ha le sue origini nelle stesse cantine del castello di Verduno dove nel XIX secolo re Carlo Alberto eseguiva i suoi esperimenti enologici sulle uve da Barolo. Utilizzato da sempre negli uvaggi con altri vitigni della zona, solo da pochi decenni viene vinificato in purezza nei comuni di Verduno, La Morra e Roddi. Con il suo aroma fragrante e speziato è considerato un vino per intenditori e appassionati di rarità, alla ricerca continua di nuove emozioni e abbinamenti speciali. Di colore rubino, sfumato con riflessi che vanno dal violetto al cerasuolo, il Verduno si contraddistingue per il delicato equilibrio tra acidità e tannini che lo rende fresco e aggraziato al palato anche se di una certa struttura. Piacevole da bere giovane, quando prevalgono le note fiorite e fruttate come quelle di violetta e ciliegia, è stimolante quando raggiunge un moderato invecchiamento che accentua le caratteristiche note speziate di pepe verde e bianco.

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