Catalogo 2021 omaggio a Luigi Veronelli
"Giunto a maggior età quel giovane, anzi quell’uomo, si innamorò (è noto che l’amore ha pur le sue cadute di buon senso) del vino, c’est à dire dei vini e dei loro produttori. Per anni e anni e anni, forte solo della ricchezza lasciatagli dal padre, della preveggenza e dell’amore, quell’uomo inondò il paese di Chissà di messaggi, con ogni possibile mezzo – giornali, libri, radio, televisione – tutti tesi al fine che i vignaioli facessero vini sempre più belli e buoni. Tanti e tanti e tanti furono quei messaggi – senza merito peraltro dell’uomo che la fortuna aveva dotato di preveggenza – che i vini del paese di Chissà divennero i migliori del mondo ed i suoi vignaioli – pressoché tutti, all’inizio, poverissimi – quantomeno benestanti".
"In un tempo ormai lontano in televisione si presentò un uomo che cominciò a parlare agli italiani e, in particolare, agli italiani contadini e agli italiani vignaioli, a quelli che dovevano scegliere (o avevano già scelto) tra la fabbrica e la grama vita dei padri lavorando la terra.
Diceva loro con un linguaggio chiaro e comprensibile: smettetela di piangervi addosso, voi siete dei veri artisti, voi applicate una conoscenza sedimentata dal tempo che pensate non abbia valore e che non possa essere considerata e valorizzata, smettetela! Voi dovete essere fieri di quello che fate e di quello che siete. E c’è riuscito. Oggi i produttori di vino sono coscienti di essere custodi di una cultura millenaria e dell’importanza del loro agire: dal lavoro in vigna al brindare con gli amici. Si percepisce in loro la consapevolezza e l'orgoglio di seguire una propria strada e una propria voce interiore. E lo sanno, oggi, di produrre bellezza. Ma forse non tutti si rendono conto che questa opportunità (di poter vivere con dignità seguendo la strada del cuore) la devono, in buona parte, a Luigi Veronelli. Senza Luigi i viticoltori italiani sarebbero probabilmente servi di grandi gruppi e non in grado di gestire in autonomia le proprie scelte di vita. Non tutti naturalmente! Non ci sarebbe stato quello che possiamo definire il Rinascimento enoico italiano. Ma come c’è riuscito?
Quando lo ascoltavo, in televisione negli anni ’70 e ’80, non capivo probabilmente quasi nulla di quello che volesse effettivamente comunicare come, credo, la maggior parte degli spettatori. Era un visionario pragmatico, capace di trasmettere energia, buon senso e coscienza del fare, ma eravamo (siamo) abituati a capire solo le espressioni della contemporaneità e a scartare le visioni futuristiche e oniriche del tempo che verrà. Le sue idee politiche erano vicine ai movimenti che in quel periodo, tra gli anni ’70 e ’80 del ’900, si definivano anarchici e, per questa ragione, era considerato da taluni un sovversivo. Umanità Nova, periodico del movimento anarchico, con Angelo Pagliaro, n. 3 del 31 gennaio 2010, così lo descrive: Come Fabrizio De André, Léo Ferré, George Brassens anche Luigi Veronelli era un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senza ipocrisie, in perenne lotta contro le armate schiaviste delle multinazionali. Gianni Mura, l’inventore dell’epiteto Sua Nasità e dell’anagramma Lui orli di vigne, grande appassionato ed esperto di vini, che da poco ci ha lasciati, in una partita a pinnacola con l’adorata moglie
Paola e la cognata Lucia mi disse che, in una trasmissione con Chiambretti, Luigi dichiarò che tutti i peggiori tiranni della storia erano astemi, mentre Bakunin si faceva le sue quattro bottiglie al giorno e in più aveva un’attività erotica notevolissima. Lasciandosi andare in una fragorosa risata.
Massimo Rustichini, un uomo che ha dato tanto al mondo del vino, ringraziando Luigi di un intervento sulla viticultura locale, così gli scrive… Mi hai fatto la più bella sorpresa (che mi rinfranca il morale e rafforza la mia intenzione di continuare sulla strada del vino come fatto di cultura e come fonte di vita) […] Ma la cosa più bella è stata per i vignaioli, per i contadini che mi hanno incaricato di ringraziarti […] Tu sapessi quante cose hai messo in movimento con il tuo articolo così prezioso per la rinascita dell’enologia di
Sarticola.
Nella mia vita professionale, ogni volta che credevo d’aver scoperto qualcosa di autentico, o che ritenevo importante, dovevo poi sempre riconoscere che quello che avevo pensato, detto o scritto lo aveva già espresso lui … molto tempo prima. La sua ormai proverbiale frase Il peggior vino del contadino è migliore del miglior vino d’industria rappresenta, per Proposta Vini, una pietra miliare in ogni ambito di scelta e di ricerca.
Il linguaggio di Veronelli ha influenzato in maniera precisa quello di molti giornalisti a partire dagli anni ’90 del secolo scorso. Le innumerevoli guide presenti oggi in Italia usano, spesso inconsapevolmente, i suoi rimandi, la sua terminologia, le sue espressioni e … la sua verve.
È stato un precursore ante litteram degli attuali, seguitissimi, show televisivi dedicati alla cucina e all’enogastronomia e degli innumerevoli programmi che si occupano di questi temi. Per capire il suo contributo basta riguardare qualche spezzone di A tavola alle 7, da lui curato e condotto, in bianco e nero, assieme alla simpatica e prosperosa Ave Ninchi, o del Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini, un gran bel documentario sulla condizione di svilimento, legislativo in primis, della viticoltura
italiana di allora.
Anche noi, sommeliers, baristi, enotecari e distributori, che il vino quotidianamente lo promuoviamo e lo vendiamo, troviamo nelle parole di Luigi un supporto culturale indispensabile per spiegare le ragioni, i prezzi e le storie che vi ruotano attorno".
━ Gianpaolo Girardi
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